Blog de Francesco Zaratti

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Non c’è un pasto gratis, recita un vecchio adagio degli economisti. E nel caso dell’Intelligenza Artificiale (AI), il menu non è solo salato, ma astronomicamente costoso.

Ogni impresa economica consuma energia, ma i megaprogetti tecnologici ne divorano quantità enormi, misurate in “Terawattora” (1 “Tera” significa 10 alla potenza di 12). Per metterla in prospettiva: nel 2023 il pianeta ha consumato 27.400 TWh di energia elettrica.  

Abbiamo identificato alcuni divoratori di energia nelle seguenti imprese.

Il Centro Europeo per la Ricerca Nucleare (CERN) in Svizzera, che non è ancora stato bombardato da Trump, spende 1,3 TWh all’anno, l’equivalente del consumo annuo di 200.000 svizzeri e 1,3 milioni di boliviani. Siamo ancora lontani dalla Svizzera, signor Evo Morales!

A sua volta, la criptovaluta Bitcoin divora energia su una scala 100 volte maggiore, tra i 120 e i 180 TWh/anno nel 2024, simile al consumo dell’Argentina e dieci volte quello della Bolivia. D’altra parte, l’amministratore della carta Visa è un commensale moderato: 0,74 TWh/anno, quasi un candidato per la “Tariffa Sociale”!

Ma l’intelligenza artificiale supera tutti. Tra modelli di addestramento come GPT, Grok o DeepSeek, archiviazione dei dati e raffreddamento dei server, il suo consumo attuale è di circa 200 TWh/anno… e continua a crescere inarrestabile. 

Chi paga il conto?

L’energia per alimentare l’AI proviene principalmente da fonti fossili (con la loro impronta di carbonio) e, in misura minore, da fonti rinnovabili. Detto questo, le aziende tecnologiche guardano con interesse all’energia nucleare: Microsoft ha già stipulato contratti con impianti dedicati. Sebbene non emetta CO2 come i combustibili fossili, l’energia nucleare è oggetto di critiche per i suoi rischi e, a causa di protocolli di sicurezza sempre più severi, contribuisce ad aumentare la bolletta energetica dell’utente. Altre aziende optano per i crediti di carbonio, una patch discutibile, sotto diversi punti di vista.

Il futuro è ancora più vorace: se Trump riuscisse a investire i 500 miliardi di dollari promessi in AI, i consumi entro il 2028 potrebbero schizzare a 325 TWh (l’equivalente di 300 CERN e/o di tutta l’Italia!), richiedendo 0,1 TW, il 10% della capacità energetica degli Stati Uniti.

L’intelligenza artificiale non si limita a mangiare… beve. Ingoia l’acqua per raffreddare i server e durante il processo evapora fino al 50%. Nel 2023, il consumo di acqua delle aziende di intelligenza artificiale è stato di 66.000 milioni di litri ed entro il 2028 questa cifra potrebbe raddoppiare.

Ci sono sconti?

Mentre l’intelligenza artificiale inghiotte energia come un buco nero, secondo un recente rapporto del quotidiano spagnolo El País, il cervello umano funziona con soli 175 kWh all’anno (anche se alcuni politici sembrano spendere molto meno). All’anno, i 7.000 milioni di esseri umani consumerebbero circa mille TWh. La differenza rivela l’attuale inefficienza dell’intelligenza artificiale, aggravata da un uso improprio e da prompt banali come “Di che colore era il cavallo bianco di Napoleone?” (Risposta: grigio, a causa del sudore di spiegarlo così tanto). Pertanto, migliorare l’efficienza dell’AI non è solo un problema tecnologico, ma fondamentalmente di educazione degli utenti, come nel caso dell’uso efficiente dell’illuminazione elettrica.

C’è qualche possibilità di una mancia per la Bolivia?

In questo contesto, c’è un’opportunità per la Bolivia: se riuscisse a ospitare data center, potrebbe monetizzare il suo potenziale di energia solare e idroelettrica e ottenere una buona fetta di questo banchetto tecnologico. Naturalmente, i politici dovrebbero prima convincersi che l’IA non è una progenie del diavolo, né un’invenzione dell’imperialismo, ma una fonte di reddito. 

Ringraziamenti: la versione originale di questa rubrica è stata rivista, corretta e compressa dall’AI (DeepSeek, precisamente), a cui l’autore ringrazia per la preziosa collaborazione, scusandosi per l’uso non necessario dell’energia consumata.

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