Blog de Francesco Zaratti

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“Qui ci sono i leoni” dicevano i romani da una regione sconosciuta, piena di pericoli; un detto che si adatta pienamente al referendum “a tre teste” che il presidente Arce ha annunciato, avventurandosi in un terreno politico pieno di incognite e popolato da “leoni” pronti a banchettare.

Non mi soffermerò sui due referendum che mirano a modificare la Costituzione: altri colleghi esperti di questi temi lo hanno fatto con una chiarezza cristallina che, come al solito, non basterà a dissipare le nebbie degli interessi elettorali.

Mi riferirò, tuttavia, all’annunciata consultazione sull’eliminazione della sovvenzione ai carburanti. A tal fine, mi baserò sulla mia esperienza (participai all’organizzazione del referendum sul gas nel 2004) e sulla mia conoscenza delle questioni energetiche.

Un primo confronto con il 2004 mi permette di mostrare una netta differenza tra il governo di allora e quello attuale. Contrariamente alla chiara posizione di Carlos Mesa riguardo alle risposte attese, non c’è una definizione chiara di ciò che il governo si aspetta dal referendum e nessuna propaganda convinta a favore di tale posizione. È possibile che il presidente Arce “sottovoce” speri che il popolo sia propenso ad eliminare il sussidio. Ricordo che nel tentativo fallito di rendere onesti i prezzi dei carburanti nel 2010, l’allora “superministro” Arce fece campagna a favore del suo decreto. In effetti, intervistati da un canale televisivo, fummo d’accordo nel giustificare la misura, anche se con sfumature diverse.

È possibile che questa esperienza frustrata (Evo Morales dovette fare marcia indietro per disinnescare una rivolta popolare) sia ancora presente nell’inconscio dell’attuale presidente e lo abbia indotto a indire un referendum per cercare di fare lo stesso di 14 anni fa, ma questa volta “obbedendo al popolo”.

Tuttavia, non basta coprirsi le spalle con il voto, atteso anche se non richiesto, a favore dell’eliminazione del sussidio. I veri leoni, quelli affamati, sono nella formulazione della domanda, come ho appreso nel 2004.

La versione più semplice del quesito referendario sarebbe: “È d’accordo con l’eliminazione del sussidio sugli idrocarburi?”, una formulazione semplice, ma non priva di grandi ambiguità.

Prima di tutto, “eliminare il sussidio” tecnicamente significa molte cose diverse: eliminarlo tutto in una volta o gradualmente, universalmente o settorialmente, con o senza compensazione sociale. Questa semplice osservazione conferma la goffaggine del referendum in questione, perché, in ultima analisi, la sua esecuzione corrisponde al governo. Infatti, un viceministro ha anticipato che l’eliminazione sarà graduale nel tempo e graduale negli impatti. La stessa cosa è successa nel 2004: Mesa fece campagna per il referendum, ma un accordo politico al Congresso fece la legge sugli idrocarburi.

Tornando alla questione, l’ambiguità maggiore riguarda la definizione di quale sovvenzione si riferisca la domanda. Se si specificasse “idrocarburi”, ciò influenzerebbe il gas e il petrolio e solo indirettamente i loro derivati (combustibili). Se l’eliminazione riguardasse tutti i carburanti, si modificherebbe il costo del gasolio, della benzina, del GPL e del gas naturale nei suoi molteplici usi (domestico, veicolare, industriale e termoelettrico).

Ma, se si vuole mantenere il sussidio per il gas naturale, a causa della reazione a catena che avrebbe sul costo dell’energia, la domanda dovrebbe essere più trasparente e chiedere al votante se è d’accordo con eliminare il sussidio solo per diesel, benzina e GPL. Insomma, è fondamentale avere ben chiaro ciò che si vuole consultare (e, eventualmente, compiere), perché nella formulazione della domanda ci sono i leoni.

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